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Divulgazione e cultura scientifica: il ruolo degli scienziati

di Guido Trombetti
Rettore Emerito Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’

A parte i suoi aspetti drammatici la pandemia Covid ha posto in evidenza gli effetti negativi della mancanza di una adeguata cultura scientifica. Dando spazio al fenomeno dei No-Vax che ha inciso significativamente sull’efficienza del sistema sanitario. Ma il problema della scarsa diffusione della cultura scientifica non nasce con la pandemia Covid. Riflettiamo su quanti siano i temi di rilievo etico, economico e sociale su cui è impossibile assumere una posizione lucida senza avere un’idea del principio scientifico che è alla base del contendere. I temi della genetica e della bioetica. I vaccini. I grandi temi ambientali quali le forme di inquinamento o il rapporto con l’energia nucleare. I meccanismi dell’economia e altri ancora.

Un cittadino che deve esprimere la sua opinione, per esempio votando in occasione di un referendum, finisce con l’affidarsi acriticamente all’appartenenza a una posizione partitica. E pertanto appare chiaro come la mancanza di cultura scientifica possa addirittura incidere su un consapevole esercizio dei diritti democratici.

Si ricava da tali semplici osservazioni quanto sia importante una accorta opera di divulgazione scientifica. Purtroppo, molto spesso si tende a comunicare soltanto gli aspetti spettacolari degli eventi scientifici. E l’immagine della scienza ne risulta allora distorta. Helen Czerski, ricercatrice inglese e autrice di testi di divulgazione della fisica, personaggio molto noto della BBC sostiene: “È importante che la divulgazione scientifica sia affidata a persone con una seria conoscenza della scienza e decise a spiegarla correttamente; non si deve semplificare troppo perché sminuirebbe l’intelligenza di chi ascolta, ma bisogna anche evitare di essere troppo tecnici, cosa che spesso nasconde la pigrizia dell’evitare lo sforzo che richiede la chiarezza”.

Alla diffusione della cultura scientifica devono dedicare tempo gli scienziati. Ed è ovvio che il più deve farlo la scuola di ogni ordine e grado. Ma anche i media in generale. Il fisico Roland Omnès, presentando il libro ‘Siate saggi, diventate profeti’ scritto insieme a Georges Charpak, Nobel per la fisica una decina di anni orsono, diceva: “La maggior parte degli individui purtroppo ignora tutto della scienza. Così nessuno sa niente delle leggi fondamentali della scienza, la cui scoperta rappresenta per l’umanità una svolta importante almeno quanto la comparsa del monoteismo”.

Insomma, il tema della comunicazione tra scienza e cittadini è quanto mai centrale. Ancora oggi, anche se forse meno che in passato, pubblicare un articolo su un quotidiano è difficile quando, ad esempio, lo scritto contiene un accenno alla matematica che vada al di là di una semplice addizione. La motivazione addotta è semplice. Il lettore medio si turba e non legge l’articolo. Se poi entra in gioco qualche concetto astratto il rischio di vedersi rifiutato il pezzo è ancora più alto.

In un mondo che sempre più vive di scienza e tecnologia il lettore non si deve spaventare con più di qualche formuletta. E credo che i mezzi di informazione inoltre non debbano soltanto limitarsi a dare notizie elementari. Non devono fossilizzarsi (e fossilizzare) sui gusti standard dei lettori. Essi devono anche provare a creare nei lettori gusti e interessi alternativi e complementari.

Osservava Carlo De Benedetti nella sua intervista di commiato a Repubblica: “Credo che il mondo sia diventato troppo piccolo per i giornali che si limitano alle notizie, la qualità dell’informazione e dei commenti sarà fondamentale. Un giornale per sopravvivere deve orientare i suoi lettori, affascinarli con le idee…”. Laddove ‘orientare’ io non lo leggo solo in termini socio-politici. E ancora De Benedetti “i giornali restano un pilastro della democrazia…”. Come non concordare. La loro funzione di denuncia e di controllo, la loro capacità di critica sono il primo ingrediente della democrazia. Ma la democrazia, come già osservato, la si esercita correttamente anche avendo a disposizione le conoscenze giuste per scegliere, quando si è chiamati a scegliere, con cognizione di causa.

Citando ancora Omnès: “quello che conta nella divulgazione non è il suscitare meraviglia bensì trasmettere il metodo scientifico. La cui essenza è discutere, ragionare, dubitare. E quindi di conseguenza mettere al riparo dai rovinosi eccessi di ogni tipo di fondamentalismo”. La via alla consapevolezza del cittadinolettore passa anche attraverso il rigore del ragionamento scientifico, al cui linguaggio sarà necessario abituarsi se vogliamo contare qualche cosa in questo mondo.

Chi sa calcolare i metri quadri della propria casa o fare i conti sugli interessi guadagnati con i propri risparmi non si allarmerà per una formuletta. Una buona divulgazione scientifica è il modo migliore per combattere le pulsioni antiscientifiche, dal terrapiattismo ai no-vax, che incredibilmente imperversano ancora oggi.

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